NON C’E’ CONDIVISIONE SENZA CONFRONTO E UGUALI OPPORTUNITA’: IL DIBATTITO AL FESTIVAL COINVOLGE LA COOPERAZIONE

Il complesso mondo dello sharing, tema dell’edizione 2016 del Festival delle Resistenze contemporanee, è stato affrontato in piazza Cesare Battisti da tre esperti e da due esponenti della cooperazione regionale

Terza e ultima giornata del Festival delle Resistenze 2016 all’insegna del filo conduttore dell’edizione 2016: lo sharing o condivisione che dir si voglia. Tanti gli spunti emersi, con un denominatore comune: la difficoltà nel trovare soluzioni.

Ma il mondo, oltre a essere globalizzato, è anche condiviso? Questo il quesito con il quale si è aperto l’interessante e partecipato dibattito – moderato da Federico Zappini – che ha coinvolto Ugo Morelli (scienziato cognitivo, docente all’Università di Bergamo), Daniele Bucci (OuiShare, facilitatore di processi collaborativi), Antonio Galdo (giornalista e scrittore, fondatore del sito www.nonsprecare.it), Massimo Cattaruzza Dorigo (FederCultura Turismo Sport Alto Adige) e Alberto Carli (Federazione Trentina della Cooperazione).

“Per prima cosa – ha detto Morelli – dobbiamo sottoporre il concetto di condivisione ad una decostruzione per capire di cosa stiamo parlando. E renderci conto che l’ambiente di lavoro non è mai stato così barbaro come oggi, dominato com’è da pessime relazioni. Dobbiamo chiederci se il gran parlare di condivisione sia l’ennesimo tentativo di fare i conti con il sistema dominante, che però alla fine vince sempre e impone l’esclusione. Dobbiamo però dircelo chiaramente: non c’è condivisione senza confitto, inteso non come guerra ma come confronto, dialogo tra valori e culture diverse. La condivisione parte dall’elaborazione delle differenze. Parte dal singolo condominio, dove le differenze di vedute possono essere fonte di cooperazione in grado di mettere fine alla barbarie relazionale. Inoltre – ha concluso Morelli – non c’è condivisione senza uguaglianza di opportunità, senza rispetto delle soggettività”.

Per Antonio Galdo, che ha esordito parlando del consumo sostenibile e della lotta allo spreco propugnata nei suoi scritti, in Italia “è in corso una rivoluzione, un cambiamento dal basso legato alla storica capacità degli italiani di adattarsi. La condivisione ha a che fare con l’economia reale: pensiamo alle arance siciliane che vengono distrutte mentre i contadini sono pagati pochissimo. Bene, grazie all’economia della condivisione – che non prevede lo scarto – gli agricoltori vengono pagati meglio e con le bucce si fanno abiti. A Milano c’è una fabbrica che recupera gli apparecchi elettronici usati, creando lavoro. Nei condomini si sta diffondendo il co-housing, i servizi in comune come badante, pulizie, spazi di socialità. A Milano 200.000 persone hanno rinunciato all’auto, è un segno che ce la possiamo fare”.

Daniele Bucci ha tracciato brevemente la storia della sharing economy, che si fa coincidere con il libro “What is mine is yours” di Rachel Botsman del 2010: “Siamo partiti dalla condivisione di oggetti in eccesso alla condivisione di beni e servizi che ha poi creato grandi soggetti mondiali come Uber, AirBnB e Blablacar. Il rischio però è che si crei del capitale umano a basso costo, e che il vantaggio alla fine sia per pochi. Basti pensare a Facebook, anche se l’alternativa c’era ed era la piattaforma Tsu, che paga gli utenti per i guadagni prodotti. Ebbene, non è mai decollata perché la gente ha preferito rimanere su Facebook. Quindi la colpa è anche nostra”.

Facebook è finito anche nel mirino di Morelli (“La condivisione non ha nulla a che fare con i social network”) e di Galdo (“la condivisione deve essere fisica, recuperiamo la conversazione guardandoci gli occhi”), che hanno anche lanciato due appelli: per Morelli “la condivisione deve essere supportata dalle istituzioni, altrimenti rimane una nicchia”, per Galdo “è a rischio lo stato sociale del ‘900, con i nonni costretti a mantenere figli e nipoti”.

Alberto Carli ha tracciato le differenze e i punti di contatto tra economia collaborativa e cooperazione, informando che in Trentino “è in atto un processo di cooperazione di comunità in cui la comunità fisica torna al centro della condivisione, in cui le periferie a rischio spopolamento trovano risposte cooperative alla carenza di negozi, uffici postali e banche. E sono risposte aperte a tutti, non limitate ai soli soci”.

In chiusura di dibattito Massimo Cattaruzza ha ammonito sul “rischio che i rapporti paritari dei grandi mezzi di condivisione si trasformino in tornaconti economici per pochi”, ribadendo l’importanza delle relazioni dal basso e citando ad esempio virtuoso il progetto Weigh Station di Bolzano, “una rete di cooperative che condividono cultura con il sostegno della Provincia”.